La vicenda umana di Agata è estremamente sottile, leggera, pressoché incontrollabile nelle fonti, quasi espressione di un rimando, un’allusione a qualcosa di intangibile, immateriale, metafisico come la volta del cielo di cui costituisce perfettamente l’icona mediante la sua piena identità con Isis: infinito spazio e infinite stelle.
Per non dico dimostrare ma, piuttosto, documentare le linee di continuità tra Agata e Iside, suggerisco di indagare in ordine cronologico decrescente dal più recente al più remoto, i libri di Salvatore Spoto, Santi Correnti, Emanuele Ciaceri, Vito Maria Amico ed altre fonti autografe presso l’archivio storico (manoscritti dell’Ordine Benedettino) e poi, cercando l’archetipo universale, la figura tracciata con fili d’oro nell’insondabile abisso dell’inconscio collettivo, ancora più giù, fino alle fonti ellenistiche, ad Apuleio, a Plutarco, ed oltre, tra i segni copti dei manoscritti di Nag-Hammadi, tra i geroglifici del Papiro di Ani.
Se volete curiosare anche qui, tra le righe di questa breve rapsodia, allora tentiamo insieme l’essenziale. E cioè che la Santa Agata non diviene patrona di Catania nel tempo immediatamente successivo allo svolgersi delle vicende storiche che la videro martire ma soltanto nell’XI secolo, quando le sue reliquie furono trafugate da Bisanzio per approdare in Sicilia.
Sì? E come?
Ce le portarono i soldati al seguito dei Normanni che, alleati con Bisanzio, avevano l’obiettivo di strappare la Sicilia dalle mani degli Arabi.
Quindi, S. Agata la portarono i Normanni?
Sì, è confermato. Tant’è vero che quasi un secolo dopo, Federico II, quand’era sul punto di abbattere il suo pugno di ferro su Catania…
Federico II? Pugno di ferro su Catania? E perché?
Perché Federico II voleva riformare la proprietà terriera, e i baroni catanesi si erano ribellati, alleandosi con la Chiesa. Così quando Federico II è sul punto di sferrare l’attacco, gli arriva un’ambasceria che gli porta le reliquie di S. Agata…
Cioè i segni e gli emblemi dei suoi avi…
Esattamente, così lui si ferma e patteggia. Ma impone di mettere davanti alla cattadrale, a memoria del fatto che oltre la Chiesa c’è un altro potere che è l’Impero, l’Elefante di Eliodoro, l’eretico che la Chiesa aveva bruciato quattro secoli prima.
Ma questa è un’altra storia che, insieme alla leggenda del fondatore di Katane, Evarco (la storia è narrata in “Spiriti d’Europa” ).
Tornare al nostro argomento non è difficile, perché non ce ne siamo affatto allontanati: l’obelisco sull’elefante rappresenta infatti proprio il punto di equilibrio tra Chiesa e Impero rappresentato da Agata, concepita nella sua identità con l’archetipo di Iside, il cui culto Agata aveva la funzione di velare, occultandolo, a chi non sa.
Non è un caso che la festa sia posta all’inizio di Febbraio, cioè nel momento più duro dell’inverno, che è anche il suo superamento, la fase in cui si cominciava a predisporre le barche per rimetterle in mare. Nell’antichità il culto di Iside conteneva la processione del “navigium isidis” la barca di Iside, che a tratti sopravvive e riluce nella processione del porto.
L’identità rivelata di Agatha come archetipo che risponde e risuona con Iside, si riconduce anche alle misteriose iscrizioni M.S.S.H.D.E.P.L. – NOPAQVIE – che assumono un legame propriamente alchemico, in senso medievale, con questa narrazione che si svela e si rivela trama europea, intrisa di gesta cavalleresche e di percorsi iniziatici, s’ammanta di rose e s’addolora nella croce e nel martirio, e si svela ancora nei suoi legami bizantini e greci, fino a rivelarne le fonti orfiche e copte, fino all’Egitto misterioso, fino a quel segno che dal dorso dell’elefante di pietra cerca le altezze oltre le nubi, si protende verso l’alto.
E qui trova Iside, Sophia, la donna dal corpo di stelle che ammanta il cielo intero, mentre una stilla lattea esce dal suo seno ferito, quasi fosse l’origine di questo universo.
Con ogni benedizione.
NOPAQVIE